sabato 15 settembre 2012

Caselli: altro che tacere, è il momento di dire

"Altro che stare zitti. E' una stagione che impone ai magistrati l'obbligo di parola". Dice Gian Carlo Caselli, procuratore di Torino, al periodico Micromega, e aggiunge: "La minaccia all'imparzialità delle toghe deriva dalla partecipazione alla gestione del potere, non certamente dalla partecipazione al dibattito politico-culturale".

Per Caselli: "Da sempre, e specialmente negli ultimi 25 anni, la politica o comunque una parte consistente della politica ha delegato alla magistratura l'intervento e, se possibile, la soluzione di problemi che la politica non sa come affrontare e risolvere. La storia del nostro Paese è costellata di deleghe. C'è stata la delega alle forze dell'ordine e alla magistratura per il terrorismo, per le stragi cosiddette di destra, per la corruzione, per la sicurezza sui posti di lavoro - l'Ilva di Taranto è una clamorosa dimostrazione di quello che sto dicendo - per i problemi di fine vita e, infine, per quelli di mafia. In particolare sui rapporti tra mafia e politica, di cui le cosiddette trattative sono l'ultimo capitolo".

Per Caselli la linea del buon senso non esiste più: "Quando si supera il limite segnalato da una certa asticella, idealmente tracciato dallo stesso potere politico che delega, la magistratura deve mettere in conto di essere fatta oggetto di polemiche, attacchi, di un vero e proprio assalto alla giustizia".


Giancarlo Caselli, precisa: "Oggi si giudica in base alla convenienza, l'utilità e il vantaggio. Se tu magistrato fai una cosa che mi piace o che mi può venire utile, o può venire utile a qualcuno della mia cordata, allora ti lascio tranquillo o addirittura parlo bene di te. Ma se mi tocchi, se tocchi gli interessi della mia cordata, devi mettere in conto che entri nell'occhio del ciclone.

“Questo è devastante – insiste Caselli - e spiega molte esasperazioni e strumentalizzazioni. Il magistrato deve essere valutato in base al rigore del suo lavoro, delle motivazioni che lo sostengono".

Per il procuratore di Torino: "Passione civile, partecipazione al dibattito pubblico nel Paese, imparzialità nel giudizio non sono concetti che fanno a pugni. Anzi, chi giudica trincerandosi dietro una barriera che lo estranea dalla realtà

sociale, che protesta indifferenza alle idee e ai valori, si pone in una posizione per me molto discutibile. L'importante è che si partecipi con equilibrio e senso della misura, senza ovviamente parlare dei propri processi".

Caselli lamenta gli attacchi da parte di giornali e tv: "I media oggi sono potentissimi, ma spesso imprecisi, se non peggio. Il pm e anche il gip, che siano oggetto di osservazioni o critiche infondate, devono considerarsi legittimati a rispondere e a difendersi? A questi interrogativi mi pare che ormai l'ordinamento giudiziario abbia risposto, nel senso che il capo dell'ufficio è legittimato a intervenire per chiarimenti che evitino distorsioni. Ci si domanda, tuttavia, se anche il singolo magistrato possa farlo, quando il suo capo ufficio non intervenga".

Quanto all'intervento del presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Rodolfo Sabelli, "mi sembra singolare – sostiene Caselli - che il capo di un sindacato, leggendo un articolo di giornale, attacchi un iscritto al suo stesso sindacato. In questo caso, non sarebbe stata fuori luogo una maggiore dose di

verifica e prudenza. Sabelli è uno stimato collega e tale resta. Ma il suo intervento è stato sopra le righe". Rispetto alla trattativa Stato-mafia: "La ricerca da parte di tutti di un rasserenamento della situazione, che consenta scelte in un clima di ritrovata normalità, e' un obiettivo sacrosanto. Fermo restando l'assoluto rispetto dovuto, e che personalmente ho, all'istituzione Capo dello Stato - conclude Caselli – credo che discutere sull'opportunità o meno del conflitto che il presidente Napolitano ha sollevato sia, in democrazia, ben possibile.

“Condivido, nel contempo, la preoccupazione di molti, secondo cui occorre fare di tutto affinché la situazione che si è determinata non venga utilizzata per cattive riforme, in particolare sul versante delle intercettazioni".





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