martedì 11 settembre 2012

Alcoa, diavolo di una vertenza.

Cronaca di una giornata di ordinaria disperazione per il lavoro che non c'è. Per il lavoro che non c'è più. Per un'isola, la Sardegna che rischia di rimanere stritolata in un processo di deindustrializzazione violenta e senza vie d'uscite. Sono qui a Roma, gli operai dell'Alcoa. Ancora una volta occupano una traversa di via Veneto sulla quale si affaccia il ministero dello sviluppo economico. Sono in 500 con i loro elmetti e le scarpe da lavoro che battono al ritmo di nenie sarde e canti di battaglia della brigata sassari. Sulle magliette la parola d'ordine: pronti a tutto. C'è una speranza. Alle 13.40 la speranza si spegne per un sms che viene dai saloni della trattativa. "Non ci danno niente". Sale la tensione, volano bottigliette e parti d'alluminio sopravvissute allo spegnimento delle fornaci che ormai procede inesorabile. Non vogliono la cassa integrazione, non vogliono affollare casa, padri disoccupati tra figli e nipoti mai occupati. Parte la carica della Polizia. Lo scontro è aspro. Quattordici agenti riportano lievi ferite. Il numero dei feriti tra i lavoratori nessuno lo conta. C'è un operaio che sviene per la tensione. Ci sono due coinvolti nel lancio di mortaretti. Niente di grave. Dopo la carica di alleggerimento si getta acqua sul fuoco. Il ministro Corrado Passera fa filtrare alle agenzie le sue parole: "Non ho mai detto che quella dell'Alcoa è una vertenza senza speranza". Cala la sera, la trattative prosegue, gli operai battono caschi e tacchi al ritmo di caron dimonio. Diavolo di una vertenza.




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